La risposta fu come un fulmine a ciel sereno.
Signori, “Il passaparola è morto”.
Dottor Bussa, è sicuro?
I titolari lo guardavano attoniti.
Marco Bussa, il medico dei saloni, era imperturbabile.
Ve lo spiego un’altra volta.
Il passaparola non ha mai goduto di ottima salute. Era figlio dei suoi tempi, gli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso.
Erano gli anni del cosiddetto “Boom Economico”. Fare impresa era molto semplice. E per quel periodo anche il passaparola andava bene.
Ma se dobbiamo essere onesti, non meriterebbe di essere annoverato tra le strategie di crescita efficaci.
Figuriamoci nel 2022.
Vedi. Nel Secondo Dopoguerra le condizioni economiche erano completamente diverse da quelle attuali.
C’era un’Italia da far ripartire.
C’era lavoro per tutti.
C’erano le licenze contingentate.
Non ci si faceva concorrenza, e la pubblicità costava tanto.
Chi investiva, ha tirato su un impero, perché se dobbiamo arrivare al punto, il punto è che per fare impresa in maniera seria ti servono strategie che puoi controllare.
E qui veniamo alla problematica principale del passaparola: non lo è.
Ma ripeto: negli anni Ottanta e Novanta andava bene.
In ogni paese c’erano due o tre parrucchieri che non si pestavano i piedi, avevano un bacino d’utenza che consentiva ciascuno di vivere bene.
Ai tempi era sufficiente essere bravi nella parte tecnica-operativa (saper tagliare i capelli) e tiravi fuori dei bei soldi.
Questo ha portato tutti a pensare che il passaparola fosse la panacea di tutti i mali.
In realtà era poco più che un placebo - aveva un’efficacia limitata, che però per il quegli anni bastava.
Ma oggi, pensare che il passaparola possa salvare il tuo salone dall’armageddon che si abbatterà nei prossimi mesi/anni, è pura utopia.
Come pensare di dimagrire con acqua e limone.
“Quindi confermo, signora: Il passaparola è sempre stato una pessima terapia”.
Funzionicchiava, ma ora è morto.
“morto davvero, dottor Bussa?”
“Stecchito”.